Pubblichiamo un editoriale di Andrea Centini della redazione di FanPage, relativo al dramma di Valencia di questi giornie, insieme, alle notizie complottiste sorte nelle ultime ore.
Il disastro alluvionale che ha colpito l’area di Valencia martedì 29 ottobre 2024 ha sconvolto chiunque, per il numero elevatissimo di morti (nel momento in cui stiamo scrivendo se ne contano oltre 200, ma è un dato non definitivo) e i danni apocalittici che si è lasciato alle spalle. Le immagini di strade e autostrade attraversate dall’irruento flusso d’acqua e fango fanno gelare il sangue, così come quelle delle infinite e informi cataste di auto e camion, che suggeriscono l’incubo vissuto da chi era a bordo in quei drammatici momenti. Mentre è in atto una corsa contro il tempo per salvare eventuali sopravvissuti rimasti intrappolati e la conta dei morti continua a salire ora dopo ora, i social network vengono tempestati da insopportabili messaggi complottisti sull’innesco della catastrofe naturale, una delle peggiori mai registrate in Spagna.
Non solo persone comuni, ma anche qualche volto noto ha esternato pubblicamente opinioni che lasciano basiti innanzi a un orrore del genere. Tra riferimenti alle immancabili scie chimiche e ad assurdi interventi di ingegneria climatica – chiaramente senza alcun supporto dell’evidenza scientifica – si accusano i “poteri forti” per le sofferenze inferte alla popolazione della Comunidad Valenciana, in nome di un cieco negazionismo climatico che ha la medesima sostanza delle teorie antivacciniste. Non c’è da stupirsi che molti dei commenti complottisti sulla strage nel Levante spagnolo arrivino dalla stessa galassia Novax e terrapiattista.
Eppure i climatologi, le uniche persone cui dovremmo dare ascolto innanzi a eventi naturali del genere, hanno spiegato in modo molto chiaro qual è stata la causa del disastro. Siamo innanzi agli effetti di un fenomeno chiamato DANA (acronimo di Depresión Aislada en Niveles Altos), conosciuto precedentemente in Spagna come “Gota fría”, nel nostro idioma “Goccia fredda”. Il cambio di nome si è reso necessario – perlomeno nella Penisola Iberica – a causa dell’uso improprio del termine originale, che veniva attribuito a qualunque nubifragio e pioggia torrenziale di ampia portata.
In parole semplici, la goccia fredda è la formazione di un vortice di bassa pressione che si sgancia da un’area di bassa pressione più ampia, un fenomeno – noto col termine anglosassone di cut off – che si verifica attorno a una decina di chilometri di altitudine. Questi vortici indipendenti possono persistere per giorni su una stessa area, scatenando al suolo una quantità impressionante di acqua se sono particolarmente carichi di energia e umidità. Basti sapere che durante l’evento del 29 ottobre 2024 su alcune aree della Spagna in poche ore è caduta la quantità di pioggia che solitamente precipita in un anno, con picchi che hanno superato abbondantemente i 400 millimetri. Non c’è da stupirsi che molti canali e torrenti siano esondati facendo arrivare a valle una valanga d’acqua, fango e detriti che ha travolto tutto ciò che ha incontrato sul suo percorso.
Il nodo centrale della questione è capire perché si è verificato un evento di questa portata e proprio adesso. Premesso che la goccia fredda è un fenomeno climatico ampiamente noto che esiste praticamente da sempre, i climatologi sottolineano che sebbene sia difficile associare al singolo evento estremo gli effetti del riscaldamento globale catalizzato dal cambiamento climatico, quest’ultimo rende molto più frequenti e violenti i fenomeni atmosferici. Che si tratti di trombe d’aria (o tornado), downburst, grandinate, uragani o piogge torrenziali, l’aumento delle temperature non fa altro che renderli più numerosi e pericolosi. Il meccanismo alla base è piuttosto semplice da capire, anche per chi non è del settore. Tutto ruota attorno alle emissioni di CO2 (anidride carbonica) e altri gas climalteranti che sono aumentate in modo sostanziale a partire dalla Rivoluzione Industriale. Tali emissioni hanno avuto una drastica impennata negli ultimi decenni, come evidenziano i grafici che trovate in questo articolo.
L’accumulo di questi gas – compreso il metano – nell’alta atmosfera crea una sorta di cappa che blocca la radiazione solare nella parte più bassa, riscaldando la temperatura dell’aria superficiale. Con l’aumento della temperatura media globale rispetto all’era preindustriale (nel 2023 è stata di quasi 1,4 °C, pericolosamente vicina alla soglia di sicurezza di 1,5 °C) incrementano anche le temperature di mari e oceani, un ciclo che favorisce l’evaporazione e l’accumulo di umidità, calore ed energia nei sistemi atmosferici. In qualche modo questa energia deve essere liberata e ciò avviene attraverso i fenomeni meteorologici estremi e non.
Anche un bambino riesce a capire che più energia, calore e acqua carichiamo in atmosfera, più violenti e frequenti sono i fenomeni che ce li scaricano contro. In parole molto semplici, le temperature più elevate della media di questi ultimi mesi hanno fatto sì che la Dana che ha colpito l’area di Valencia si è manifestata con una portata spaventosa. Lo spiega bene il calcolo del World Weather Attribution dell’Imperial College di Londra, secondo il quale per ogni grado riscaldamento aggiuntivo, sulla Spagna è caduto il 7 percento di pioggia in più. “
Le inondazioni di Valencia sono un altro campanello d’allarme che il nostro clima sta cambiando rapidamente e che le nostre infrastrutture non sono progettate per gestire questi livelli di inondazioni”, ha spiegato a Science Media Centre la professoressa Hayley Fowler, docente di impatti dei cambiamenti climatici e direttrice del Centro per la resilienza climatica e ambientale dell’Università di Newcastle. “L’evacuazione di città e strade che si trasformano in fiumi è ormai una cosa comune in tutto il mondo. C’è un chiaro collegamento causale con il cambiamento climatico nell’intensificazione delle precipitazioni estreme, con precipitazioni estreme che si intensificano a un tasso del 7% per grado di riscaldamento, o più”, ha chiosato l’esperta.
Sono le emissioni di carbonio a rendere peggiori questi fenomeni mortali e come spiegato più volte dal geologo Mario Tozzi a Fanpage.it, l’aumento repentino delle suddette è legato alle attività umane. Non ci sono i cicli naturali che spesso vengono tirati in ballo, dato che impiegano migliaia di anni per sortire degli effetti; qui l’aumento è drammatico e i grafici mostrano chiaramente che l’impennata c’è stata in pochi decenni, parallelamente al progresso tecnologico dell’era industriale e in particolar modo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
I dati sono disponibili a chiunque e la comunità scientifica mondiale è concorde sul ruolo dell’attività antropica nel cambiamento climatico. Eppure ci sono persone senza alcuna competenza in materia che si permettono di tirar fuori temi ridicoli come le “scie chimiche” e il “cielo lattiginoso”. Le scie di condensazione (o contrails) degli aerei sono semplicemente strisce di nubi bianche che si generano quando il vapore acqueo caldo, rilasciato attraverso i gas di scarico dei jet, entra in contatto con l’aria fredda e a bassa pressione a quote superiori ai 10.000 metri. È un fenomeno fisico semplicissimo da comprendere. Basta “alitare” in una fredda giornata d’inverno per vedere gli effetti della condensazione del vapore acqueo nell’aria. Un aereo vola e lascia una lunga scia, non è difficile da capire.
Ciò che non si capisce è come si faccia a pensare che qualcuno crei appositamente queste “scie chimiche” per innescare fenomeni di portata apocalittica, in grado di uccidere centinaia di persone in poche ore. È ampiamente noto che le contrails degli aerei possono favorire l’effetto serra, modificando la nuvolosità nel cielo e creando una variazione nel bilancio tra l’energia solare assorbita e quella irradiata verso lo spazio attraverso l’atmosfera terrestre, il cosiddetto disequilibrio del forzante radioattivo. Ma servirebbe il cielo coperto da queste scie – con un transito continuo di un numero spropositato di aerei – solo per poter immaginare un contributo significativo in eventi come la Dana su Valencia.
È il medesimo discorso fatto in occasione della polvere del Sahara che ha invaso i cieli d’Italia negli scorsi mesi. Secondo i complottisti anche quella veniva rilasciata da piloti conniventi coi poteri forti che vogliono ucciderci tutti con metalli pesanti e altre sostanze. Ebbene, per spargere un solo grammo di polvere su tutta l’Italia (oltre 300.000 chilometri quadrati) servirebbero ben 13.000 grandi aerei cargo carichi di questa sabbia, oppure centinaia di migliaia di aerei di linea che la trasportano “di nascosto” nelle stive insieme ai bagagli. In Italia secondo i dati ENAV ci sono circa 8.000 voli al giorno. Sono assurdità facilmente smontabili con semplici calcoli matematici e osservando ciò che accade nel mondo reale; per un’operazione di contaminazione del genere avremmo dovuto vedere i cieli pieni di questi aerei intenti a spargere sabbia su tutto lo Stivale.
Eppure c’è gente che è davvero convinta che queste cose accadano davvero, negando il cambiamento climatico e continuando a chiudere gli occhi davanti a catastrofi ampiamente annunciate dagli esperti. Il film con Leonardo DiCaprio “Dont’ Look Up” è una metafora del negazionismo climatico, nel quale le persone non vogliono credere alla scoperta una cometa di 9 chilometri diretta verso la Terra e in grado di far estinguere l’umanità. Solo quando ormai è troppo tardi ne prendono consapevolezza. Siamo nella medesima situazione, con gli scienziati che da anni ci indicano il problema, le sue conseguenze e ciò che possiamo fare per arginarlo, ma in molti – spesso per interessi personali – continuiamo a non voler vedere e capire, facendo da megafono alle teorie più assurde e ridicole pur di non dare credito alla scienza, prendendo tempo al processo decisionale. E nel frattempo le persone continuano a morire.
(Andrea Centini) – Fonte fb pagina FanPage)