Dantedì. Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri

Oggi 25 marzo si celebra il primo Dantedì. Quest’anno non potrà che essere un’edizione soltanto digitale, per questo leggete Dante e postate i vostri contenuti. Dante è la nostra lingua, è l’idea stessa di Italia. E in questi giorni abbiamo bisogno di tenerla viva”. Lo scrive su twitter il ministro per i Beni culturali Dario Franceschini. Nella data individuata come inizio del viaggio ultraterreno della Divina Commedia, per iniziativa del Governo si celebra per la prima volta Dante Alighieri, simbolo della cultura italiana e fondatore della nostra lingua: un modo per unire ancora di più il Paese in questa difficile circostanza, condividendo i versi immortali del Sommo poeta. ‪Alle 12 di mercoledì 25 marzo tutti sono chiamati a leggere Dante e a riscoprire i versi della Commedia. Decine di migliaia di studenti lo faranno nel corso delle lezioni a distanza, così come tutti i cittadini che vorranno partecipare. Le iniziative sono state identificate dagli hashtag ufficiali #Dantedì e #IoleggoDante.

Articolo Corriere sul Dantedì di oggi

E’ incredibile pensare a quanto il Sommo Poeta abbia influenzato il nostro gergo. Alcune sue espressioni sono diventate di uso comune; per esempio …

«Galeotto fu…»

Dal famoso canto di Paolo e Francesca (Inferno, V, 136). Si utilizza ancora oggi per indicare un intermediario amoroso. Nel caso di Dante, quest’ultimo era un libro.

«Il gran rifiuto»

Il Poeta faceva riferimento all’abdicazione di Celestino V (Inferno, III, 60), ma l’espressione si utilizza tuttora nei casi in cui qualcuno dà forfait.

«Inurbarsi»

Inventato di sana pianta da Dante, che aveva la velleità di creare nuovi termini, si utilizza (forse non più troppo spesso) per i trasferimenti in città.

«Fa tremar le vene e i polsi»

Da Inferno, I, 90. Perché mai utilizzare espressioni come «Si è preso uno spavento» quando si ha una frase del genere a disposizione?

«Non mi tange»

A essere superiore a tutto, per Dante, era Beatrice (Inferno, II, 92). Ora lo siamo noi che, con una punta di sdegno, guardiamo negli occhi il nostro rivale e alziamo le spalle: «Non mi tange».

«Stai fresco»

Da Inferno, XXXIII, 117. Quando si parla dell’Inferno pare un po’ un controsenso, ma per esprimere un rifiuto deciso è estremamente efficace.

«Il Bel Paese»

Da Inferno, XXXIII, 80. Un sinonimo dal suono poetico per indicare l’Italia.

«Cosa fatta capo ha»

Da Inferno, XXVIII, 107. Sembra un detto popolare, ma anche questa espressione è stata utilizzata in origine nella Divina Commedia.

«Senza infamia e senza lode»

Da Inferno, III, 36. La classica risposta che si dà quando qualcosa non ha alti o bassi evidenti.