“Dovremmo elevare e animare la nostra epoca contemporanea per far sì che ognuno dei giorni che viviamo diventi più prezioso, che dispiaccia perderlo e privarsene, affinché la vita divenga così attraente, colma di spiritualità e piena di ispirata bellezza che non possa sorgere il desiderio devastante di uccidere o di suicidarsi. Non conosco e non riesco a immaginare alcun’altra maniera di opporre resistenza alla guerra”, scrisse un grande poeta russo, Boris Pasternak.
Cosi anche noi del Canova vogliamo con forza dare spazio a parole buone e di bene: peraltro la letteratura russa è piena di pagine che ci fanno capire come si prepara la pace, come la si pensa, come si evita che la
guerra conquisti il nostro cervello e il nostro cuore.
Per questo pubblicheremo, da oggi, alcuni brevi estratti da autori russi: è il nostro modo, semplice, per continuare a “fare pace”.
→ LEV NIKOLÀEVIČ TOLSTÒJ – Preparate la Pace non la Guerra —
Se si concede, come fanno gli storici, che i grandi uomini conducano l’umanità verso il raggiungimento di determinati fini, consistenti nella grandezza della Russia o della Francia, o nell’equilibrio dell’Europa, o nella diffusione delle idee della Rivoluzione, o nel progresso universale, o in qualsivoglia altra cosa, parrebbe impossibile spiegare i fenomeni storici facendo a meno del caso e del genio. Tuttavia sarebbe sufficiente riconoscere, semplicemente, che quale sia stato lo scopo delle agitazioni dei popoli europei, il significato fondamentale, essenziale, degli avvenimenti europei sta nel movimento di massa, di carattere militare, dei popoli d’Europa dall’occidente verso l’oriente, e poi dall’oriente verso l’occidente. Posto, tuttavia, che il fine delle guerre europee del principio dell’Ottocento consistesse nella grandezza della Russia, a tal fine si sarebbe
potuti pervenire senza l’invasione napoleonica e senza di nessuna delle guerre che la precedettero. Posto che quel fine fosse nella grandezza della Francia, vi si sarebbe potuti pervenire anche senza la Rivoluzione e l’Impero. Posto che quel fine fosse nella diffusione delle idee, la stampa e la circolazione dei libri vi avrebbero potuto provvedere assai meglio dei soldati. Posto che quel fine fosse nel progresso, è ben lecito avanzare l’ipotesi che, oltre l’annientamento di esseri umani e dei loro beni, esistano vie più dirette e adeguate per la diffusione della civiltà.
da “Guerra e pace”. Epilogo