“Spesso mi viene da dire: c’è un gran marciume in quel posto. Ma oggi, d’un tratto, ho pensato: se dico sempre quella parola, marciume, esso finisce per propagarsi nell’atmosfera e non la rende certo migliore. La cosa più deprimente è sapere che quasi mai, nelle persone con cui lavoro, l’orizzonte interiore si amplia in seguito alle sofferenze che quest’epoca infligge. Non soffrono neppure in profondità. Odiano, e sono ciecamente ottimisti se si tratta della loro piccola persona, e sono ancora ambiziosi per il loro piccolo impiego; è una gran porcheria e ci sono dei momenti in cui mi perdo completamente d’animo e vorrei abbandonare la testa sulla macchina da scrivere e dire: non posso più andare avanti così. Ma poi vado avanti, e imparo sempre qualcosa sugli uomini…Accetterò tutto come verrà. Non credo molto in un aiuto dall’esterno, né ci conto ..Non ci si può attaccare a queste cose. Quel che viene è bene. “ (Dal Diario di Etty Hillesum)
Lo diceva Etty Hillesum il 23 luglio 1942 e vale quanto mai per oggi, guardare ciò che sta succedendo per la sua negatività e fissarsi nell’analisi della negatività ha come esito di amplificare la negatività e di ridurre gli orizzonti già ristretti. Etty invece indica un’altra strada quella che ha seguito lei, la strada di stare a quel che accade e di scoprire il bene che porta. Così vivo ciò che sta accadendo con la tensione a scoprire il bene che vi è in tanta negatività, un bene radicato profondamente, che non si può strappare ma a cui ci si può attaccare (riflessione del prof. Gianni Mereghetti, professore dell’ IIS Bachelet di Abbiategrasso, Milano – fonte: Gariwo.net)