Pubblichiamo questo articolo di Francesco Cerrato, coordinatore della comunità educativa Passoni18 della cooperativa sociale San Donato a Torino. Ci pare provocatorio e interessante, e valido anche per il nostro contesto sociale (e probabilmente scolastico)
di Francesco Cerrato |
Siamo in guerra!
Andrà tutto bene!
Oh Fra, vedi di fare pace con il cervello!
Questo è un estratto di un dialogo che colloco nella comunità in cui lavoro, ma che può essere collocato ovunque. Il contenuto, identico, ci ha martellato per un bel pezzo di questa quarantena.
Se siamo veramente in guerra, e non lo siamo, non andrà tutto bene. Se andrà tutto bene, ma non è così, non siamo necessariamente in guerra. Tra i due estremi, se ci sforziamo, e neanche troppo, troviamo infinite sfumature delle quali farci carico. Una società con molte caratteristiche borderline – le polarizzazioni, il tutti contro tutti, l’incapacità di attendere, di tollerare la complessità e il limite – si è venuta a trovare di fronte a una sollecitazione estrema. Ha risposto come ha potuto. A volte eccezionalmente bene, a volte molto meno. Non siamo in guerra, perché la guerra è altra cosa. Chiediamolo ai nostri vecchi, leggiamoci un libro, guardiamoci un film. E moltiplichiamo per mille.
Non andrà tutto bene, perché a molti è già andata malissimo: ci sono i morti, tanti, i loro parenti, quelli che hanno perso il lavoro o lo perderanno. La lista è lunga. Questo non va dimenticato, non voltiamo pagina come se nulla fosse successo. Non sarebbe né rispettoso né utile. È di ciò che sta in mezzo a queste due esagerazioni che dovremo occuparci. Personalmente sono preoccupato. E credo sia una cosa buona, congrua. La fase uno l’abbiamo incassata bene. Ne avevo già scritto nei primi giorni, passata la botta iniziale ci siamo ripresi e abbiamo riorganizzato una quotidianità che ha retto bene fino ad oggi.
I ragazzi sono stati in gamba, nessuno ha trasgredito. Le famiglie ci hanno sostenuto e sono state sostenute (forniture alimentari per chi era in difficoltà, colloqui telefonici, visite sul pianerottolo). La necessità di darsi una mano a vicenda nella difficoltà è stata compresa da subito: da soli non se ne esce. Vale sempre, oggi di più. In cooperativa si è respirata una bella aria solidale. In comunità il gruppo di lavoro ha saputo mantenere la calma, condizione indispensabile per rendere positivo il clima generale. Il rischio di contagio, per chi lavora in comunità, non era limitato alla trasmissione del virus. Il pericolo di una rapida riattivazione della variegata sintomatologia post traumatica era, resta e resterà, equivalente o superiore. Con conseguenze inimmaginabili, se pensiamo al regime di restrizioni ferree all’interno del quale andrebbero trattate le eventuali degenerazioni.
Sono preoccupato perché non ho idea di quanto si sia in grado di reggere ancora.
Sono preoccupato per la qualità dei futuri nuovi ingressi. Potremo forse prenderci un breve periodo di pausa, ma sappiamo benissimo che il lockdown, nel congelare l’economia e gli spostamenti di noi tutti, ha dato una spinta potentissima all’evoluzione in negativo delle difficoltà per chi si trova in condizione di fragilità. L’ondata di minori e famiglie sofferenti arriverà presto, sarà potente. Dobbiamo essere pronti.
Sono preoccupato perché pronti non lo siamo, e non ci stiamo preparando. Almeno io non ne vedo i segnali. Non sto parlando del singolo servizio. Non è questo il tema. Sto pensando a un evento eccezionale e contrario a ciò che ci è successo. Una grande alleanza di tutti gli attori, pubblici e privati, per far fronte con ogni mezzo disponibile – ma ne andranno inventati di nuovi – al montare di una marea fatta di fatica e sofferenza di chi, già prima, si trovava in condizioni limite. Dovremo essere pronti a trattare la rabbia e la disperazione di molti.
Immagino un’alleanza progettuale tra Tribunale per i Minorenni, Procure, Comuni e Consorzi, ASL cittadine, servizi territoriali, privato profit e no profit, Fondazioni e non so chi altro, coordinati in un’azione congiunta, tenace e tempestiva. Duratura. Un’azione capace di veicolare un messaggio chiaro e visibile a ogni cittadino in difficoltà: sarà un periodo complicato, ma non siete soli. Tutti, nel rispetto delle regole, saranno aiutati.
L’arrivo della pandemia ci ha trovati impreparati: zero mascherine, zero alcool, protocolli confusi e contraddittori, poco coordinamento, strategie improvvisate, conflitti tra esperti. È in arrivo una seconda pandemia, questa volta sociale. Possiamo essere pronti. Ma è necessario prepararsi subito.
Facciamolo.
Francesco Cerrato è coordinatore della comunità educativa Passoni18 della cooperativa sociale San Donato a Torino.
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Illustrazione di Guido Scarabottolo