Giacomo Matteotti, il martire della libertà assassinato dal fascismo
Il 10 giugno del 1924 il deputato socialista che aveva denunciato le violenze e il malaffare del regime venne sequestrato e ucciso. Era nato il 22 maggio del 1885. La sua morte ha mostrato il volto del fascismo assassino: “Uccidete pure me, ma l’idea che è in me non l’ucciderete mai”. Così il politico socialista Giacomo Matteotti si rivolse alla Camera dei Deputati, quasi presagendo il disegno criminale del regime fascista di cui denunciò violenze e abusi fino all’ultimo giorno di vita. Disegno che fu messo in pratica il 10 giugno 1924 da cinque membri della “polizia politica”, che dopo averlo rapito nella zona del Lungotevere lo fecero salire a forza su di una macchina, lo accoltellarono e abbandonarono il cadavere a Riano, nelle campagne fuori Roma.
Non fu né la prima né l’ultima vittima della violenza fascista ma il suo brutale omicidio fu forse il solo, e certamente il primo, a mettere in difficoltà il nascente regime e, in qualche modo, ne condizionò l’evoluzione totalitaria.
Alla sua uccisione seguì infatti la decisione delle forze democratiche di abbandonare il Parlamento dando vita “all’Aventino”. Matteotti, esponente di spicco del partito socialista unitario, morì pochi giorni dopo aver pronunciato un accorato discorso alla Camera in cui denunciava il clima di violenza ed intimidazione che aveva condizionato le elezioni da poco svolte. Ma se dal punto di vista storico è assodata la responsabilità morale di Benito Mussolini nell’uccisione del parlamentare socialista, così come è accertata la responsabilità materiale di uomini vicini al Partito Nazionale fascista, più articolate sono le ragioni che portarono alla morte di Matteotti.
Oltre ad essere un avversario politico Matteotti sarebbe stato in possesso di documenti in grado di provare come i vertici del regime fossero coinvolti in un giro di corruzione volto a concedere ad una compagnia americana l’esclusiva sullo sfruttamento del petrolio italiano. Documenti che Matteotti aveva nella borsa che portava con sé quando fu rapito e che non fu ritrovata insieme al corpo, e documenti che avrebbe dovuto presentare al Parlamento quello stesso 10 giugno.
Fonte: Globalist.it