Il “Moro”, giocatore indimenticabile e uomo vero

14 aprile 2012. Sabato pomeriggio. A Pescara va in scena la trentacinquesima giornata di campionato di serie B. A sfidare la squadra di casa, il Livorno di Piermario Morosini. Procede tutto nella norma, quando improvvisamente, alla mezzora del primo tempo, Piermario si accascia al suolo. Ha una crisi cardiaca. Che a soli venticinque anni gli risulta fatale. Vicenza e Livorno , squadre in cui Piermario giocò gli ultimi anni della sua vita, ritirarono di lì a poco la maglia numero 25 a sua memoria. A Vicenza Piermario rimase due stagioni, forse le sue migliori dal punto di vista sportivo, culminate con la convocazione nella nazionale Under 21 e la partecipazione agli Europei. Poi, 8 anni fa, quel “maledetto” sabato. Ma chi era questo giovane sportivo, mancato troppo presto? Vi offriamo alcuni tratti della sua storia, tutta da conoscere.

Ce la racconta il sig. Enio Oliviero, anima dell’Oratorio presente nella chiesa di San Gregorio Barbarigo, quartiere Monterosso, Bergamo, due passi dallo stadio dell’Atalanta dove uno striscione dedicato al Moro (cosi veniva chiamato Morosini) segna l’ingresso nel suo mondo: Umile bergamasco – si legge – la tua curva ti rende onore. «Mario è cresciuto qui – ci dice Oliviero – la sua casa è in fondo alla strada, al numero 5, il palazzo accanto alla farmacia. Lo rivedo in calzettoni con la maglia della Polisportiva, avrà avuto sette anni… Due estati fa, quando aveva già esordito in serie A, è venuto in vacanza con l’oratorio a Pinarella di Cervia. Ve lo immaginate Ibrahimovic a fare una cosa del genere? Ecco chi era il Pier, uno che nonostante i soldi e la notorietà non si era montato la testa: sognava di finire la casa per lui e la Anna che è del quartiere Santa Caterina, a due passi da qui, e quando tornava e ti incontrava per strada, fermava la macchina e ti veniva ad abbracciare». La storia di Piermario Morosini, centrocampista morto di calcio a 25 anni in diretta tv, tra via Giulio Cesare e via Tremana, zona nord di Bergamo, fino a ieri veniva raccontata dai padri ai figli come una parabola che sa di lezione per un’anima che deve crescere forte. «Lui nonostante tutte le sfortune – cerca di spiegare l’Enio, che da vent’anni gestisce l’edicola sotto la chiesa – conviveva con i suoi dolori senza farli pesare a nessuno. La morte della mamma per tumore, poi il padre ucciso da un infarto il giorno del suo sedicesimo compleanno, il suicidio del fratello, la sorella in quelle condizioni e lo scorso anno l’addio alla zia. Tragedie che avrebbero potuto abbattere chiunque. Invece lui, anche attraverso il calcio, ce l’aveva fatta e per paura di rovinare tutto, anche se gli offrivi una gazzosa la rifiutava perché temeva che le bollicine gli potessero fare male».

A suo nome è stata fondata anche una associazione, “Associazione Morosini” che si impegna a finanziare e supportare la ricerca medica grazie anche al forte legame con la Fondazione de “La Città della Speranza” di Padova, e si prodiga per diffondere nello Sport, nelle Scuole e nel Sociale l’importanza della Prevenzione contro i rischi generati da problemi cardiaci.